16 marzo 2008

Fratelli d'Italia

Mi hanno sempre impressionato, e continuano a farlo, le polemiche legate all'opportunità di far cantare, soprattutto a calciatori e sportivi vari, l'inno nazionale prima di cominciare le gare; bisogna cantarlo, per Bacco! Ma no, io non lo canterei, e non voglio che lo canti qualcuno che non se la sente di farlo, per le più svariate ragioni, anche perché in realtà molti non conoscono il testo e finiscono così per inventarselo; io voglio che si resti composti, che non si faccia ciao ciao con la manina alla fidanzata o alla mamma, che non si strizzi l'occhio alla telecamera, che non si mastichi la "cicca" come forsennati, che si mantenga quindi un minimo di serietà e di rispetto, dai. Ieri pomeriggio, approfittando della mia condizione di febbricitante, mi sono goduto lo spettacolo del Sei Nazioni di rubgy, a Roma era in programma Italia-Scozia e quindi mi sono sintonizzato su La 7 fin dall'esecuzione degli inni, o meglio, dell'inno di Mameli, visto che quello scozzese non ce l'hanno fatto sentire; gli azzurri del rugby hanno sempre cantato a squarciagola, liberissimi di farlo, e la cosa mi ha anche leggermente emozionato, almeno finché le telecamere non hanno scovato sulle tribune un paio di signore che, sulle note dell'intervallo parapà-parapà-parapà-papà-papà, erano intente a "ballettare" e a sventolare allegre la loro sciarpetta tricolore, manco si fosse al carnevale di Viareggio. Che tristezza, che vergogna, quasi, a vedere ancora una volta confermata la superficialità di una certa Italietta contemporanea.

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